sabato 5 novembre 2016

"La Tuberosa": The Mistress of the Night

The tuberose, with her silvery light, That in the gardens of Malay Is call'd the Mistress of the Night, So like a bride, scented and bright; She comes out when the sun's away.
Thomas Moore





L’intento di oggi è quello di rendere omaggio ad un fiore, nei confronti del quale non sono  ammesse mezze misure: o lo si ama alla follia, o, lo si odia! Si tratta della splendida e delicata tuberosa meglio conosciuta dal punto di vista scientifico come Polianthes Tuberosa, cui oggi viene dedicata presso il Beauty Concept di Monza una intera giornata di studio e approfondimento  su iniziativa del Gruppo di Adjiumi nella persona di Cristian Cavagna  con la collaborazione di  Gian Luca Perris. 

 E’ un fiore originario del Messico  coltivato in epoca precolombiana dai nativi americani ed  in seguito dagli Aztechi, i quali erano adusi chiamarla omixochitl  ovvero “fiore-osso”, termine  scaturito dall’aspetto e consistenza dei fiori cerosi e bianchi iridescenti propri della pianta.
Si narra che l’arbusto  venne importato nel vecchio continente grazie agli spagnoli e ad un missionario francese letteralmente conquistati dalla  tuberosa.  Le foglie,   che appaiono come nastri, crescono alla base della pianta e si arcuano verso l’esterno: sono di un verde brillante in netto contrasto con il colore e la consistenza della fioritura di un rosa avorio quasi perlescente, i fiori della tuberosa infatti sono a forma di imbuto, di colore bianco  e raccolti in infiorescenze a spiga: per molto tempo fecero parte dei “giardini lunari” di moda tra la ladies d’epoca  vittoriana sia per esaltare il colorito pallido dei loro visi di porcellana e sia per l’effluvio odoroso quasi ipnotico che emanavano solo dopo il tramonto, ed è proprio per questo   che la tuberosa è popolarmente conosciuta come “Night Queen”, “Mistress of the Night”, o “Raat ki Raani”, in India.  Fiore  ipnotico  per eccellenza, dalla scia carnale e conturbante, fino al punto che nel Rinascimento venne decretato alle fanciulle financo il divieto di annusarne il profumo narcotico nel timore che potessero avere un “orgasmo” spontaneo!!!!. Lo stesso divieto veniva adottato anche in India – dove il suo nome ki rani significa ”corteggiatrice della notte” – in quanto secondo la credenza popolare si pensava che il suo profumo potesse far cadere in un oblio di sentimentalismo impossibile da eludere.
La tuberosa è stata definita, non a torto la “meretrice della profumeria”: addirittura i fiori naturali dopo la raccolta   hanno una potenza tale  che possono trasudare il loro effluvio per giorni e giorni .
L’assoluta del fiore, in passato, era prodotta solo nel sud della Francia attraverso il metodo dell’enfleurage:   tecnica estrattiva nata al tempo degli Egizi che permette di trattare a freddo tutti i fiori molto delicati, come  per l’appunto: tuberose, rose, gelsomini, viole e molti altri. Questa tecnica si basa sull’estrazione tramite un solvente in grado di assorbire gli oli essenziali, sfruttando un principio, risalente all’epoca degli alchimisti medievali,  che  il simile scioglie il simile: essendo gli oli essenziali delle sostanze lipofile, il solvente che viene utilizzato per l’enfleurage è un grasso solido.
In passato si utilizzavano grassi di origine animale come quello di maiale o di bue; oggi vengono impiegati grassi vegetali come il benzoino.   
Il[1] grasso viene spalmato su due telai formati da una lastra di vetro inserita in una cornice di legno.
I petali dei fiori, raccolti a mano, meglio se la mattina stessa, vengono poi disposti in uno strato sottile al di sopra del grasso. I telai vengono poi sovrapposti l’uno sopra l’altro e lasciati riposare per alcuni giorni. Successivamente i petali vengono rimossi scrupolosamente e sostituiti con altri nuovi appena raccolti. Questa operazione viene ripetuta più volte (circa 30) fino alla completa saturazione del solvente.
Terminato l’enfleurage il grasso viene raschiato dai telai e quello che si ottiene è la cosiddetta pommade ossia una pomata profumata ricca di essenza floreale.
Tale prodotto sarà tanto pregiato quante più volte è stato ripetuto il trattamento, in modo da rendere completamente esausto il grasso impiegato.
La pommade può essere utilizzata tale e quale come essenza solida oppure può essere “lavata” con determinati solventi (come l’alcol etilico) ottenendo un olio profumato dal quale, dopo opportuna filtratura, si ottiene l’Assoluta, ossia l’essenza floreale pura.

L’Enfleurage è la prima tecnica utilizzata per ottenere i profumi.
Ad oggi, è stata quasi del tutto abbandonata per gli elevati costi e per i tempi molto lunghi di lavorazione e viene utilizzata la tecnica di estrazione con solventi: 
esano e derivati del petrolio, questi ultimi  di natura lipofila cioè affine ai grassi, riescono a estrarre sostanze odorose che non si riuscirebbero ad ottenere con la distillazione perchè troppo pesanti; inoltre ci sono molecole profumate che con il calore della distillazione si rovinerebbero. Quando il solvente ha assorbito l’estratto odoroso otteniamo la concreta che  si  “lava” poi  con alcool etilico, in modo che la fragranza si trasferisca dal solvente lipofilo all’alcool; questi solventi  verranno poi eliminati attraverso processi tecnici  L’estratto finale, il concentrato odoroso che rimane dall’eliminazione dei solventi è l’assoluta.

Ci occupiamo dell’assoluta di tuberosa dal punto di vista olfattivo, ma studi recenti e non, hanno dimostrato le molteplici proprietà terapeutiche dell’olio essenziale di tuberosa: come “afrodisiaco” in aromaterapia, abbassando anche la soglia dello stress e della tensione con effetto rilassante sul cervello, muscoli e nervi. Aumenta inoltre la circolazione del sangue con un effetto benefico su tutto il metabolismo.









[1] http://www.inherba.it/enfleurage-antica-tecnica-per-ottenere-le-essenze-floreali/

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